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Nell'abbazia e nella biblioteca di San Gallo che ispirarono Eco

Redazione ANSA

E' un viaggio emozionante nella storia, nella letteratura e nell'arte e per non rovinare questa magia quasi sacra si devono indossare delle pattine di feltro per non rovinare il pavimento di legno intarsiato dello scriptorium e non bisogna assolutamente tirare fuori telefoni o macchine fotografiche. L'edificio certamente più noto e popolare del complesso abbaziale odierno è la biblioteca, vistata ogni anno migliaia di persone. Sebbene oggi i monaci non siano più presenti, la loro biblioteca custodisce migliaia e migliaia di manoscritti di inestimabile valore. Qui, in una delle più belle sale rococò svizzere, si possono ammirare 170 mila libri stampati e, in mostre temporanee, copie uniche dei 2000 manoscritti originali medievali.

Nella biblioteca viene anche conservata anche una pianta di un'abbazia datata agli inizi del IX secolo. Unico disegno architettonico di rilievo sopravvissuto per il periodo di circa 700 anni che va dalla caduta dell'Impero romano d'Occidente e il XIII secolo, considerata tesoro nazionale della Svizzera, è stata a lungo studiata da Umberto Eco durante la stedura de Il Nome della rosa. La pianta descrive una completa abbazia benedettina, comprese le chiese, le abitazioni, stalle, cucine laboratori, birreria, infermeria e anche un edifizio particolare per i salassi. Non fu mai realmente edificata e fu disegnata in uno scriptorium a Reichenau nel terzo decennio del IX secolo, e dedicata all'abate Gozberto, che fu abate di San Gallo dall'816 all'836.

 

Il vero fulcro d’attrazione per i turisti, però, è la mummia di Schepenese, che riposa nella biblioteca dell'abbazia nel suo doppio sarcofago. La figlia del prete di Schepenese visse tra il 700 e 650 a.C. a Tebe e apparteneva all'élite della città. La sua mummia, con il suo sarcofago riccamente dipinto sia all’interno che all’esterno, giunse a San Gallo nel 1821.

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