Un campo da pallone in un campo ben più problematico come quello che accoglie profughi e rifugiati a Zaatari in Giordania: presentando questo progetto a papa Francesco il presidente della Uefa, lo sloveno Aleksander Ceferin, ha voluto riaffermare che "il calcio non è violenza e non è business ma è oggi più che mai un'opportunità unica di creare ponti di pace e canali di inclusione". Di "fair play e lotta al razzismo", ha assicurato, la Uefa (Union of european football associations) parlerà nell'incontro in corso a Roma.
Prima dell'udienza nell'Aula Paolo VI - riferisce l'Osservatore Romano -, Ceferin ha illustrato a Francesco il progetto "Uefa foundation for children" che, ha spiegato, "punta ad aiutare i bambini più fragili, soprattutto poveri e disabili, oltre che vittime della guerra", sostenendo iniziative "molto concrete che diano loro accesso alla sanità e all'istruzione e un collegamento con lo sport come metodo educativo e come gioco".
Finora, ha fatto presente Ceferin, "la Uefa ha realizzato 180 progetti, e 119 sono in corso, rivolti a 800.000 persone in 94 Paesi". E ha tenuto in particolare a mostrare al Papa i contenuti del progetto in Giordania perché "quelle scuole e quei campi da calcio sono per 6.000 bambini e soprattutto 1.500 bambine". Un'altra iniziativa a cui Ceferin tiene molto coinvolge il missionario vincenziano argentino, di origine slovena, padre Pedro Opeka tra i bambini che vivono nella discarica di Tananarive, in Madagascar.