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Andrea Fontana, Fake news cosa è reale?

Andrea Fontana, Fake news cosa è reale?

Hashtag,link,foto, meme, post costruiscono nostra idea di mondo

MILANO, 06 novembre 2018, 14:22

Gioia Giudici

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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 ANDREA FONTANA, 'FAKE NEWS: SICURI CHE SIA FALSO?' (Hoepli, pag. 104, euro 24,90).
    Hashtag, link, immagini, brevi post e meme: sono questi i bit informativi che costruiscono la nostra idea di mondo. Ne parla il sociologo Andrea Fontana, Premio Curcio alla cultura 2015, nel suo nuovo libro 'Fake news: sicuri che sia falso?', in uscita il 9 novembre per Hoepli. Al centro del volume le Fake news, che per Fontana "sono state tradotte nel dibattito italiano in un modo non funzionale, perché fake non significa falso ma inventato. Le fake news, poi, possono essere sbagliate, strumentalizzate o ostili ed è una suddivisione importante perché ci consente di capire come affrontare il fake". Un altro aspetto su cui si sofferma l'autore è quello della Fakeability, dell'invenzione immaginifica: "in questi anni - spiega - c'è stato un passaggio importante da una conoscenza istituzionale, quella fornita dal partito, dalla chiesa o dalla scuola a una conoscenza costruita a livello personale, autobiografico. La conoscenza istituzionale se l'è giocata malissimo e oggi crediamo più a una persona sui social che a quanto dicono la Nasa o l'OMS".
    Attenzione però: "il mondo del fake riguarda anche la dimensione di supremazia geopolitica: ci troviamo in un mondo dove la finzione viene usata come arma in guerre ibride per il controllo delle risorse, che si combattono a livello finanziario e sociopolitico". Ecco quindi il fake usato come strumento per cambiare l'agenda politica di un Paese, come nel caso delle armi di distruzioni di massa in Iraq.
    Bisogna quindi arrivare alla consapevolezza che "tutto è costruito: persino il piatto che postiamo sui social non è quello che abbiamo mangiato, perché è accompagnato da un hashtag e da un filtro. Qualsiasi cosa che vediamo - riflette Fontana - è filtrata e questo ci dovrebbe dare il distacco necessario per riflettere". Ci sono poi elementi che accendono un faro sulla comunicazione più costruita, come l'eccessiva ridondanza, la ripetizione, l'emotività spinta. Uscire da questo flusso non è possibile ma "bisogna esserne consapevoli e scegliere bene la propria area di credenza. Viviamo in un continuum mediatico, soprattutto di natura soggettiva, anche da parte delle istituzioni e per questo - suggerisce il docente dell'università di Pavia - dobbiamo diventare bravi a capire quanto la conoscenza sia strumentalizzata e quanto più simile a realtà".
    Può essere utile conoscere e seguire la regola delle 3C: contenuti, connessioni e contesti. Il contenuto è il prodotto, il contesto è utile per capire se c'è un intento di manipolazione, le connessioni - come quella tra foto e testo - servono a capire se c'è l'intento di focalizzare o distogliere l'attenzione da qualcosa. E se ancora non bastasse, ecco gli antidoti consigliati da Fontana: libri di fantascienza stile Philip Dick, serie tv distopiche come Black Mirror. Utili a ricordarci che già oggi "non viviamo nel reale, ma nel "realistico" - il racconto mediato e mediatico del reale che con link, post, hashtag, filtri, immagini e meme definisce il campo di realtà consensuale in cui viviamo".
   

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