(di Marzia Apice)
CAMILLA GREBE, ANIMALI NEL BUIO
(Einaudi, pp.440, 19.50 Euro; traduzione Sara Culeddu). La
violenza di un passato lontano che torna per diventare presente.
La memoria che si scontra con l'oblio. La paura del diverso di
una piccola comunità ciecamente chiusa nel suo mondo e incapace
di vedere l'orrore in casa propria. Camilla Grebe tiene legato
il lettore fino all'ultima pagina con il suo Animali nel buio
(Einaudi), thriller ambientato nei paesaggi innevati della
Svezia che arriva in Italia dopo il successo de La sconosciuta.
Siamo a Ormberg, paesino sperduto che fatica a stare al passo
con i tempi. Qui, dove la globalizzazione ha portato la chiusura
di fabbriche e la perdita di posti di lavoro lasciando la
popolazione in preda a solitudine, diffidenza e frustrazione, i
detective Peter e Hanna indagano su un 'cold case' vecchio di 8
anni, relativo al ritrovamento nel bosco del cadavere di una
bambina mai identificata. I due investigatori, che fanno coppia
anche nella vita e insieme affrontano la malattia di Hanne che
compromette la sua memoria, possono contare sulla collaborazione
di Malin, poliziotta nata e cresciuta a Ormberg, e dei suoi
colleghi. Ben presto un nuovo delitto dai risvolti inaspettati,
che vede implicato suo malgrado anche Jake, un giovane del paese
in crisi adolescenziale, sensibile e vittima di bullismo, porta
a galla un passato tragico: tutti coloro che in un modo o
nell'altro si trovano coinvolti nel caso saranno messi di fronte
alle proprie convinzioni e vedranno vacillare non poche
certezze.
In pagine avvincenti piene di descrizioni accurate (molte
anche legate alla natura maestosa della Svezia), è interessante
la scelta di restituire al lettore una trama efficace attraverso
tre differenti punti di vista: quello della giovane poliziotta
Malin, che scappa dalle sue radici e rifiuta di aprirsi
all'altro, quello di Jake, delicato adolescente in cerca della
propria identità che scopre di avere un inaspettato coraggio, e
infine quello dell'investigatrice Hanne, disperatamente in lotta
per trattenere la sua memoria ormai annebbiata dalla malattia
inesorabile.
Di quest'ultimo personaggio l'autrice fa sentire anche la
voce più intima, con i brani di un diario che la detective
malata decide di scrivere proprio per cercare di mantenere il
più possibile intatti i ricordi, sia quelli personali che quelli
legati all'indagine.
Proprio queste scelte stilistiche lasciano emergere la
bravura della Grebe di indagare nell'animo dei suoi personaggi,
di mostrarne le relazioni affettive, le ferite e le fragilità,
le ambizioni e i desideri, pur senza mai far scemare la suspense
del racconto. Ma ciò che arricchisce davvero questo noir è la
riflessione attualissima sul tema dell'immigrazione e sui
conflitti che essa porta con sé: pensieri e considerazioni che
la Grebe lascia trapelare tra le pagine integrandoli
direttamente nella trama. Qui risiede il punto di forza del
romanzo, nonché il messaggio dell'autrice: con questa sua
immaginaria eppure credibilissima Ormberg - che "è più una
condizione mentale che un luogo geografico, una condizione che
si verifica dopo un grande cambiamento", scrive nella nota alla
fine del libro - Camilla Grebe descrive i tempi bui, di
diffidenza e ostilità, che stiamo vivendo, e la nostra
incapacità di metterci nei panni di fugge dalla guerra e dalla
fame.
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