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Hong Kong: rilasciato su cauzione il tycoon Jimmy Lai

Liberata anche Agnes Chow, tra i 10 arrestati di ieri

Il magnate dei media Jimmy Lai, tra i principali sostenitori del fronte democratico di Hong Kong, è stato rilasciato in tarda serata, all'indomani del suo arresto per la violazione della nuova legge sulla sicurezza nazionale, con il pagamento di una cauzione di 500.000 dollari di Hong Kong (quasi 55 mila euro). Lo riportano i media locali che poco prima avevano anche dato notizia del rilascio su cauzione di Agnes Chow, giovane attivista e co-fondatrice del partito sciolto di Demosisto. Chow, tra i 10 dieci arrestati di ieri, è uscita dalla stazione di polizia di Tai Po.

 "Siamo profondamente preoccupati per l'arresto di Jimmy Lai" che, con i suoi colleghi, e' una "potente voce per i diritti e per le liberta' fondamentali che Pechino ha garantito a Hong Kong e che ora attacca sistematicamente, ha affermato Robert O'Brien, il consigliere alla Sicurezza nazionale del presidente americano Donald Trump, chiedendo alla Cina di revocare la legge sulla sicurezza nazionale.

Jimmy Lai è stato arrestato ieri con le accuse di violazione della nuova legge sulla sicurezza nazionale e il fortino pro democrazia della sua holding Next Digital e del tabloid Apple Daily è stato messo a soqquadro: la polizia di Hong Kong ha inferto un durissimo colpo al magnate dell'editoria, tra i più attivi oppositori alla presa cinese sulla città, prelevato da casa in mattinata e portato nei locali delle società con le manette a bloccare i polsi dietro la schiena.
    L'ultima operazione delle forze dell'ordine ha preso a fine giornata i contorni della retata, vista la decina di persone finite in carcere, tra cui i due figli del tycoon di 72 anni, e i giovani attivisti Agnes Chow, ex co-fondatrice con Joshua Wong del partito Demosisto ormai sciolto, e Wilson Li, ex attivista e giornalista freelance della tv britannica ITV News.
    In un briefing in tardissima serata, la polizia ha spiegato che la mossa voleva perseguire quanto caldeggiavano l'adozione di sanzioni straniere. "Dopo l'introduzione della legge sulla sicurezza nazionale, questo gruppo era ancora attivo", ha detto il sovrintendente senior Steven Li, lo stesso che ha guidato le perquisizioni a tappeto nei locali di Next Digital ed Apple Daily, trasmesse in una drammatica diretta su Facebook dagli stessi giornalisti con momenti di tensione e di scontro fisico sfiorato con i 200 agenti mobilitati, usciti con 25 scatoloni di plastica di "materiale" utile per le accuse.
    Pechino ha espresso apprezzamento per l'arresto di Lai, visto come "un agitatore anti-Cina" che cospirava con forze esterne per "far aumentare il caos". La Gran Bretagna si è definita "molto preoccupata" per il tycoon e il segretario di Stato americano Mike Pompeo si è detto "profondamente preoccupato".
    Lai era stato già arrestato a febbraio con altre figure di primo piano del fronte democratico per la partecipazione alle manifestazioni di protesta non autorizzate dello scorso anno e rilasciato su cauzione: nell'imminenza dell'arrivo della legge sulla sicurezza nazionale, aveva ripetutamente detto di "essere pronto all'arresto". Nel 2019, ed è alla base dell'addebito più pesante della "collusione con forze straniere", Lai partecipò a una missione negli Usa con altri attivisti di Hong Kong vedendo il segretario di Stato Mike Pompeo, il vice presidente Mike Pence e la speaker della Camera, Nancy Pelosi.
    Chris Yeung, a capo della Hong Kong Journalists Association, ha descritto l'azione della polizia "da shock e terrificante", mentre il Foreign Correspondents' Club ha parlato di "una nuova pagina oscura". Secondo Joshua Wong è la "fine della libertà di stampa".
    A dispetto delle pressioni esterne, la Cina marcia ben spedita verso la stretta sull'ex colonia rispondendo colpo dopo colpo alle sanzioni di Washington: 11 americani, come i senatori Marco Rubio e Ted Cruz, sono finiti nella lista nera di Pechino come ritorsione alle restrizioni del presidente Donald Trump ad altrettanti funzionari di Hong Kong, come la governatrice Carrie Lam, per il ruolo nella soppressione delle libertà nella città.
    Intanto, la Cina ha inviato i suoi jet militari verso Taiwan oltre la linea mediana intrastretto: una nota del ministero della Difesa di Taipei ha riferito che i jet sono stati sorvegliati dai missili antiaerei e "respinti" dagli aerei di pattuglia. Il blitz, il terzo del suo genere dal 2016, è avvenuto mentre a Taipei è in visita il segretario alla Salute Usa, Alex Azar. L'incursione è stata confermata dal tabloid cinese Global Times, secondo cui c'è stata "una forte risposta alla visita di un funzionario statunitense. Se i secessionisti di Usa e Taiwan si spingono oltre, ci si potrebbero aspettare più operazioni" dell' esercito cinese. Un monito contro altre "provocazioni". 
   

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