Con le misure adottate per ridurre i costi della sanità tra il 2010 e il 2016, su dati estrapolati dal Conto Annuale del Ministero dell'Economia, le Regioni hanno risparmiato sul personale sanitario oltre 2,6 miliardi. Cifra alla quale ogni medico ha contribuito con una perdita media di 260 euro al mese nella propria busta paga. A fornire i dati è il sindacato dei medici Cimo, con un'analisi che indica nel calo dei dipendenti, blocco del turnover, riduzione degli incarichi nelle strutture e relativi tagli, uniti alla mancanza del rinnovo contrattuale, la riduzione di 40.184 dipendenti del Servizio sanitario nazionale. In particolare, il numero di medici si è ridotto di 6.724 unità, con risparmi di oltre 845 milioni di euro. Nell'ambito della riorganizzazione delle aziende, il numero di unità complesse è calato del 24,98% ed il numero di strutture semplici del 27,34%. Tutto ciò ha avuto un impatto sui salari, con una riduzione media pro capite per medico del trattamento accessorio da 25.806 euro (2010) a 22.404 euro (2016) con perdita media mensile di 261,69 euro in tutto il periodo analizzato.
"In altre parole - commenta Guido Quici, presidente nazionale Cimo - i risparmi derivati dal costo del personale sono stati destinati a tamponare altre esigenze di spesa corrente come, ad esempio, i beni e i servizi. Ma ben presto queste risorse sono state considerate come strutturali per compensare altri capitoli di bilancio delle Regioni e delle aziende sanitarie: questo è il motivo per il quale la partita del rinnovo del contratto dei medici stenta a decollare". Il sindacato mette in evidenza che non si può continuare a chiedere di sacrificarsi oltre l'emergenza ai medici, che dopo nove anni rischiano di non aver riconosciuto lo stesso adeguamento percentuale degli altri comparti. Cimo infine ribadisce che il contratto di cui si discute dovrà essere dignitoso non solo sul versante economico ma soprattutto su quello normativo, a partire dai capitoli che riguardano la responsabilità professionale e le assicurazioni.(ANSA).