"Sono passati due anni dalla morte
di Mario e attendiamo ancora una verità chiara. Vogliamo sapere,
non ci accontentiamo di quello che dice l'Onu, quindi andremo
avanti nella nostra ricerca, in questo percorso di verità e
giustizia". Lo ha detto Anna Motta, madre di Mario Paciolla,
cooperante Onu e giornalista, ucciso nel 2020 in Colombia in
circostanza ancora poco chiare, intervenendo a margine
dell'iniziativa #FreeSafronov, a sostegno della libertà di
stampa, che si è svolta nella sede del Sindacato Unitario dei
giornalisti della Campania.
"Siamo presenti quando ce lo chiedono - ha aggiunto Anna Motta -
proprio perché vogliamo che questa storia non venga
assolutamente dimenticata, così come invece voleva l'Onu subito
dopo averci comunicato la notizia della morte di Mario,
chiedendoci se volevamo la restituzione del corpo. In quella
occasione abbiamo capito che l'Onu avrebbe voluto chiudere la
partita in quel momento. Noi abbiamo soprattutto la necessità di
sapere che cosa è successo esattamente a Mario, da chi e perché
è stato ucciso". "Da subito l'Onu - ha precisato Pino Paciolla,
papà del cooperante ucciso - ha classificato la morte di Mario
come suicidio, il che non è assolutamente vero". L'incontro è
stato caratterizzato da un collegamento video con Trento, dove
si ricordava la figura di Antonio Megalizzi, cronista ucciso a
Strasburgo nel 2018.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA