D'ora in poi, se durante la
carcerazione si manifesta una grave malattia di tipo
psichiatrico, il giudice potrà disporre che il detenuto venga
curato fuori dal carcere e quindi potrà concedergli, anche
quando la pena residua è superiore a quattro anni, la misura
alternativa della detenzione domiciliare "umanitaria", o "in
deroga", così come già accade per le gravi malattie di tipo
fisico. È quanto si legge nella sentenza n. 99, relatrice Marta
Cartabia, depositata oggi, con cui la Corte costituzionale
risolve il dubbio di costituzionalità sollevato dalla
Cassazione. Secondo la Corte la mancanza di qualsiasi
alternativa al carcere per chi, durante la detenzione, è colpito
da una grave malattia mentale crea un vuoto di tutela effettiva
del diritto fondamentale alla salute e si sostanzia in un
trattamento inumano e degradante quando provoca una sofferenza
così grave che, cumulata con l'ordinaria afflittività della
privazione della libertà, determina un sovrappiù di pena
contrario al senso di umanità e tale da pregiudicare la salute.
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