L'influenza aviaria "potrebbe
rappresentare potenzialmente una minaccia pandemica se il virus
si trasformasse e divenisse trasmissibile da uomo a uomo. Il
fatto che gli Usa, dopo aver rilevato tracce di virus nel latte
pastorizzato di mucche, abbiano alzato il livello di attenzione
è un dato su cui riflettere e da non sottovalutare". Lo afferma
all'ANSA Matteo Bassetti, Matteo Bassetti, direttore della
Clinica Malattie infettive dell'Ospedale Policlinico San
Martino di Genova.
"Va sottolineato che al momento il virus dell'influenza
aviaria non si trasmette da uomo a uomo, ma dall'animale
all'uomo attraverso il contatto diretto, ad esempio attraverso
contatto con fluidi animali infetti. Quando il virus ha
infettato l'uomo attraverso l'animale - rileva Bassetti - ha
dimostrato una mortalità sull'uomo pari al 50%, dunque molto
alta". Che tracce di virus siano state scoperte nel latte
pastorizzato di mucche in Usa, afferma, "non è una bella
notizia, poichè il processo di pastorizzazione dovrebbe in
teoria portare all'eliminazione di qualsiasi presenza di virus.
Se le tracce di virus rilevate nel latte fossero riconducibili a
virus vivo, il latte potrebbe diventare potenzialmente uno
strumento di contagio, ma andrebbe provato che il virus
trasmesso con una eventuale ingestione sia effettivamente in
grado di determinare l'infezione". E' quindi "evidente che la
situazione va monitorata, poichè il virus A H5N1, inizialmente
diffuso nei polli, ha ormai infettato vari mammiferi ed ogni
volta che il virus passa da un animale ad un altro muta, e
acquisisce virulenza". Ad oggi il passaggio per un contagio da
uomo a uomo "non è avvenuto, ma non possiamo escludere che possa
avvenire in futuro". Questo è il motivo per cui, conclude
Bassetti, "dobbiamo continuare a lavorare sul piano pandemico,
la cui approvazione non è ancora definitiva. Dobbiamo essere
pronti in caso di una nuova emergenza".
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