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Aviaria nelle mucche, virus circola da almeno 4 mesi

Aviaria nelle mucche, virus circola da almeno 4 mesi

Salto da uccelli a bovini a fine 2023; timori per nuove varianti

ROMA, 03 maggio 2024, 11:33

Redazione ANSA

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Il virus dell'influenza aviaria ad alta patogenicità A/H5N1 che sta causato diversi focolai nelle mucche negli Stati Uniti, probabilmente, ha circolato nel bestiame per circa quattro mesi prima che venisse identificato.
    È la stima contenuta in uno studio coordinato dal dipartimento dell'Agricoltura Usa e reso disponibile sulla piattaforma bioRxiv, prima della revisione da parte della comunità scientifica.
    Lo studio ha ricostruito l'evoluzione del virus, il suo passaggio dagli uccelli alle mucche e la diffusione nel bestiame attraverso l'analisi delle sequenze genetiche.
    Una delle caratteristiche dei virus influenzali è la loro capacità di mutare e acquisire porzioni da altri virus attraverso un processo definito riassortimento. Secondo la ricerca, nel virus dell'aviaria che sta infettando i bovini un evento chiave di questo tipo potrebbe essersi verificato verso la fine del 2023, quando l'agente patogeno, che circolava negli uccelli, ha acquisito parti di un altro virus dell'influenza aviaria a bassa patogenicità. Questa nuova caratteristica potrebbe aver consentito al virus di acquisire al capacità di infettare e diffondersi nei bovini. La prima infezione, secondo le ricostruzioni, è avvenuta tra la fine del 2023 e i primi giorni del 2024. A quel punto ha giocato un ruolo importante il trasferimenti di bestiame dal Texas ad altri Stati che ha consentito all'infezione di diffondersi, anche in maniera asintomatica, tra i capi.
    Al momento, per i ricercatori, è difficile fare previsioni, ma ci sono diversi elementi di preoccupazione. Uno è l'identificazione di alcune varianti che, "se diventassero dominanti, potrebbero avere fenotipi che aumentano la probabilità di trasmissione tra diverse specie", si legge.
    Inoltre, la possibilità che il virus infetti diverse specie animali presenti negli allevamenti (per esempio i maiali) "potrebbe comportare un riassortimento e l'emergere di nuovi ceppi che aumentano rischio zoonotico".
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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