Nasce una task-force europea per
accendere i riflettori e mettere un freno al 'fegato grasso',
patologia che interessa il 30% della popolazione su diversi
livelli di gravità. Si tratta di un consorzio, finanziato da
Innovative Health Initiative Joint Undertaking, una partnership
pubblico-privata, di cui fanno parte (unici centri italiani)
l'Università Cattolica del Sacro Cuore e la Fondazione
Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs.
Il consorsio nell'arco dei prossimi quattro anni porterà
avanti il progetto Griponmash, che recluterà 10 mila pazienti,
con questi obiettivi: diffondere le conoscenze sui rischi del
'fegato grasso', mettere a punto strumenti diagnostici non
invasivi, scoprire nuovi biomarcatori diagnostici e
personalizzare i consigli di stile di vita da offrire ai
pazienti. Chiamata un tempo 'steatosi epatica' e oggi Mash
(steatoepatite associata a dismetabolismo), la patologia si
manifesta con l'accumulo di grasso nel fegato. "Se contenuto in
una piccola quantità - spiega il dottor Luca Miele, docente di
Epatologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di
Roma - l'accumulo di grasso aiuta quest'organo perché serve come
riserva energetica. Ma quando eccede questi limiti, quel grasso
in eccesso può diventare molto dannoso perché crea un ambiente
che favorisce l'infiammazione (steato-epatite). In seguito, il
fegato cerca di riparare i danni prodotti dall'infiammazione
formando delle 'cicatrici', cioè la fibrosi, una sorta di rete
che si crea all'interno del fegato e che si restringe sempre di
più, portando nell'arco di anni alla cirrosi epatica e, a volte,
al tumore del fegato". A essere affetto da epatopatia steatosica
(Masld) è il 30% della popolazione; tra queste persone, 1 su 5
progredirà verso una Mash, una forma caratterizzata da una forte
infiammazione del fegato che finisce per danneggiare questo
prezioso organo; nel 5% dei casi questi pazienti svilupperanno
una forma ancora più seria di Mash, quella fibrotica appunto.
"In questo momento - rivela Luca Miele, docente di Epatologia
dell'Università Cattolica del Sacro Cuore - non sono disponibili
farmaci specifici contro la Mash, anche se sono in avanzata fase
di sviluppo diverse terapie (alcune delle quali in
sperimentazione anche qui al Gemelli), che stanno dando
risultati molto promettenti. Quindi l'unico modo per fare
prevenzione e per trattare questi problemi è aderire a un sano
stile di vita: dieta mediterranea, attività fisica costante,
niente alcol; da evitare le bevande zuccherate, grassi animali,
carni rosse e ultra-processate (come insaccati e salsicce)".
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