Sono le donne medico oggetto dei
maggiori episodi di violenza di genere in ambito ospedaliero.
Dall'omicidio di Barbara Capovani, all'ultima gravissima
aggressione a L'Aquila ai danni della psichiatra Francesca
Pacitti. Due punte di un iceberg che nasconde centinaia di casi
quotidiani che ormai non vengono più nemmeno denunciati. Per
questo, in occasione della Festa della Donna, la Società
Italiana di Psichiatria (Sip) vuole fare il punto anche su
questa situazione che "nonostante le molte parole resta
'bloccata' e legata al passato".
In una società "solo apparentemente è paritaria e che
riconosce gli stessi diritti, sottolinea la Sip, esistono ancora
l'intolleranza verso l'indipendenza e l'autonomia della donna".
"Il 'non possesso' che innesca odio, rancore e frustrazione che
porta fino alla distruzione dell'altro. È pertanto fondamentale
- afferma Emi Bondi, direttore del DSM dell'Ospedale Papa
Giovanni XXIII di Bergamo in un'intervista a PsychiatryOnLine, e
che sarà da domani sulla home page del sito www.psichiatria.it -
l'educazione al rispetto del pensiero e della volontà
dell'altro, alla base non soltanto di una sessualità serena, ma
un di rapporto corretto. Considerare l'altro come persona parte
della propria vita, arricchendola di amore".
Bondi ha anche parlato della conquista, da parte delle donne,
di posizioni "nelle professioni sanitarie e nella ricerca
medica. Ma la strada è lunghissima. A livello di classe medica
sì è di poco superata la parità con circa 53-54% di donne in
servizio, ma quelle in posizioni apicali, ad esempio i
primariati (e ancora meno fra i professori universitari), sono
in stallo cronico da decenni: solo circa il 20% di donne
raggiunge posizioni di vertice. Non sono fautrice del
gender-balance tout-court; tuttavia, ritengo necessario che
siano offerte le stesse possibilità di carriera a entrambi i
generi, secondo criteri di merito, non del sesso di
appartenenza, né in senso di promozione o discriminatorio".
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