Una innovativa biopsia liquida
apre la strada a una diagnosi tempestiva di lesioni precancerose
del colon retto nei pazienti con Sindrome di Linch, condizione
genetica ereditaria che aumenta il rischio di malattia
oncologica e in primo luogo di cancro al colon retto. Si tratta
di un test messo a punto dai ricercatori dell'Istituto Nazionale
dei Tumori (INT) di Milano con uno studio su 87 pazienti e
pubblicato su 'Cancer Gene Therapy' che, se confermato da
ulteriori ricerche, permetterà di personalizzare la sorveglianza
dei pazienti con questa sindrome, attraverso un calendario di
colonscopie guidate anche dalla presenza dei biomarcatori.
La diagnosi della sindrome avviene solitamente tra i 25 e i
30 anni e le linee guida indicano la necessità di sottoporre le
persone a colonscopia ogni 1-2 anni per tutta la vita. Sono
controlli " che impattano sulla qualità di vita - spiega Marco
Vitellaro, Responsabile dell'Unità Tumori Ereditari
dell'Apparato Digerente di INT - . Oltretutto il tumore si può
sviluppare anche nell'intervallo tra due controlli. C'è anche un
tasso elevato di abbandono dai continui check, con un
conseguente numero elevato di diagnosi di cancro in fase
avanzata. Da qui l'esigenza di identificare strategie che
migliorino l'aderenza ai controlli da parte dei pazienti, e che
garantiscano diagnosi precoci". E si è pensato alla biopsia
liquida, che prevede un semplice prelievo di sangue.
Nella malattia di Lynch hanno un ruolo importante brevi
sequenze ripetute di DNA chiamate 'microsatelliti'. Negli 87
pazienti dello studio, "tramite una biopsia liquida
implementata su una piattaforma innovativa che ne ha
ottimizzato la sensibilità - spiega Mattia Boeri, del
Dipartimento di Oncologia Sperimentale INT, ideatore della
tecnica e prima firma dell'articolo - è stato possibile valutare
la presenza di 5 microsatelliti, contrassegnati dalla sigla
bMSI, veri e propri marcatori tumorali e soprattutto
pre-tumorali".
I risultati - precisa Boeri - hanno dimostrato che da un
punto di vista tecnico il test funziona e che i livelli di
questi marcatori nel sangue sembrano essere effettivamente
indice della presenza di lesioni tumorali".
Questi dati ora devono essere validati in una coorte più
ampia di pazienti "per dimostrare - conclude Vitellaro - che il
test è uno strumento utile per personalizzare la sorveglianza
con un calendario di colonscopie guidate anche dalla presenza
dei biomarcatori, test che va poi programmato anche
successivamente all'intervento chirurgico, perché questi
pazienti tendono ad avere una concentrazione nel sangue di bMSI
piuttosto elevata".
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