Tre ore a lezione 'di libertà' con
i detenuti. Il carcere di massima sicurezza di Fossombrone
(Pesaro Urbino) ha aperto le porte per la prima volta agli
studenti di una scuola superiore, accogliendo questa mattina due
classi quinte dell'istituto tecnico "Enrico Mattei" di Urbino. A
volere l'incontro è stato il procuratore generale della Corte di
Appello di Ancona Roberto Rossi. "L'intenzione è farvi conoscere
la realtà del carcere a voi sconosciuta - ha spiegato il
magistrato ai ragazzi - perché se vi dico la parola 'carcere'
sapete tutti cos'è ma cosa si fa dentro nessuno lo sa. Quando si
finisce qua dentro non ci sono più passeggiate con la fidanzata,
niente gite al mare, niente aperitivi né telefonini né social.
Per anni c'è una vita dura. Il concetto 'tanto non mi succede
niente' non esiste, gli errori si pagano".
E proprio di errori hanno parlato i detenuti. Sette degli 84
reclusi hanno raccontato la loro vita in carcere accennando alla
pena ancora da scontare e all'opportunità che Fossombrone,
costruito nel 1870, considerato un istituto di pena modello, sta
dando loro attraverso vari laboratori e al percorso di studi. In
carcere si dipinge, si fanno cesti artigianali, si fa
giardinaggio, si studia, ci si diploma e ci si laurea. Un
detenuto è già alla quinta laurea. Gli studenti sono stati più
ad ascoltare che a fare domande. E sono rimasti molto colpiti
dalle storie dei reclusi, come l'ergastolano 63enne, originario
di Cinisi, lo stesso paese di Peppino Impastato, ucciso dalla
mafia. "Ho scelto io il 'male' la mafia - ha ammesso - ma poi mi
sono pentito". Alcuni dei detenuti sono preoccupati per il
futuro che li attende fuori dal carcere. Per altri il problema
principale è l'"affettività". "Ho imparato molto da questa
esperienza - ha raccontato alla fine della visita una
studentessa, Viola -. Ora apprezzo di più la libertà".
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